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sabato 6 marzo 2021

EDITORIALE. 27 MARZO, IL DAY AFTER DEL TEATRO.

Vi avviso, prima che continuiate a leggere il mio editoriale di oggi: questo è un articolo scomodo, irritante, cinico, crudele, feroce e profondamente provocatorio.

Ma alla luce (gialla, arancione o rossa, come da immagine sopra) di quello che sta succedendo, qualche considerazione va fatta. Non me ne vogliate.

Il 27 marzo è stata annunciata la data di apertura dei teatri, cosa che ha provocato una reazione schizofrenica di felicità inconsulte, rabbia e raccapriccio alternate e spesso anche nella stessa persona. 

Per lo più addetti ai lavori, soprattutto dei teatri privati, che, chiaramente, già stentavano a sbarcare il lunario prima della pandemia. Il pubblico si è diviso tra gli entusiasti ed i dubbiosi.

Analizziamo il day after: le peggiori, le più ciniche, le più crudeli delle ambientazioni post apocalisse, ovvero, “2021; I SOPRAVVISSUTI”.

Non ne resterà solo uno, ma forse ne resteranno pochi. 

Immaginiamo, per cominciare, le riaperture delle sale teatrali, iniziando dalla parte delle platee.

IL PUBBLICO

Il DPCM parla del 25% degli accessi.

D’accordo. 

Il pubblico che riempirà il 25% delle sale sarà comunque dimezzato, se non peggio.

Pensiamo agli abbonamenti. Gli abbonati sono generalmente persone agé (il 60% del pubblico è anziano) e, purtroppo, molti anziani non ci saranno più, a causa di quell’arma letale che è il COVID.

Se non vogliamo essere così melodrammatici, ammettiamo però che molti “over” paura ad andare a teatro o i figli non glielo permetteranno o nessuno li porterà e non vorranno prendere i mezzi pubblici. O magari saranno troppo anziani ed acciaccati per spostarsi, anche volendolo fare.

I giovani saranno troppo abituati a stare davanti agli schermi per la DAD, ma anche per lo streaming e tutti quei canali di serie TV, che seguo pure io ma che ci hanno tanto abituati a stare sul divano nel tempo libero. Ed apprezzeranno meno lo spettacolo dal vivo. O preferiranno trovarsi con gli altri a fare baldoria nei locali.

Le persone di età media non avranno i soldi per andare a teatro e avranno paura pure loro, O forse, ora, semplicemente non sarà la loro priorità.

ARTISTI E PRODUZIONI

Molto artisti e maestranze avranno nel frattempo cambiato lavoro. Chi sarò diventato bodyguard (no, non il musical), chi sarà dato all’agricoltura o all’artigianato: nobilissime situazioni, ma molti performer, soprattutto del teatro musicale, saranno non allenati o invecchiati. Alcuni soffriranno di ansia nel tornare sul palco. Quanti di noi soffrono di ansia oggi?

I musicisti? Rispolvereranno spartiti, sapendo che già da prima non molti erano gli spettacoli con orchestra dal vivo?

Le maestranze, quelle dei bauli in piazza, per capirci, avranno diretto la loro attività ad altri settori, magari nelle location di inoculazione di vaccini. Bene, ma non benissimo.

I TEATRI

I teatri dovranno spendere soldi non solo per adeguarsi alle nuove regole di sanificazione e distanziamento (ci sono comunque dei protocolli eccellenti che possono essere messi in pratica), ma anche solo per la manutenzione ordinaria dovuta ai teatri chiusi. Pensate alle seconde case chiuse: quanto lavoro alla riapertura? Sempre se non hanno staccato la luce?

GIORNALISTI E UFFICI STAMPA

Anche alcuni uffici stampa e giornalisti avranno cambiato mestiere e nessuno più comunicherà il teatro. Le produzioni potranno anche mettere in piedi bellissimi musical, ma se nessuno lo fa sapere al pubblico? Se nessun giornalista vi dice se vale o no la pena di andarlo a vedere?

 

Il 70% dei teatri in Italia sono privati.

 

Riaprire in questo momento senza sostegni, senza che lo Stato faccia risparmiare sui costi è davvero un azzardo.

 

D’ACCORDO. HO ESTREMIZZATO.

 

D’altronde, sono eccessiva in tutto, come anche nel voler portare avanti un magazine cartaceo mensile senza alcuna pubblicità pagata da un anno, solo per amore di quello che faccio, per non deludere i lettori e per tenere viva la memoria di quello che fu il teatro.

 

Il fu? Mattia Pascal?

 

Ei fu? Siccome immobile?

 

Un attore della vecchia classe che ho intervistato per un futuro numero di Riflettori su Magazine ha affermato che il teatro non morirà mai. Vogliamo cercare di non staccargli la spina, per favore?


Grazie, se avete letto fino a qui e grazie allo Stato e a chi vorrà fare qualcosa.

 

 

 

2 commenti:

  1. Bell'articolo Silvia. Non aggiungo altro (ci sarebbe tanto altro), ma non lo aggiungo. Mi limito a rivedere e "ricondizionare" le mie competenze verso altri lidi. Come molti.

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    1. Grazie, Simone. E' vero, anche io avrei avuto tanto altro da aggiungere...Ma ci limitiamo e "ci ricondizioniamo"...senza abbandonare il nostro primo amore....

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