Un mese di soldout per Notre Dame de Paris al Teatro degli Arcimboldi di Milano, l’opera popolare primigenia, per l’Italia, la capostipite di un genere che ha dato il là ad altri spettacoli, più o meno riusciti, ma che hanno cambiato il modo di intendere il musical e la commedia popolare nella nostra nazione: e non dite mai che NDP è un musical. Mai. E’ un’altra cosa, può piacere o no, ma non è paragonabile.
20 anni di successi, che ho tentato di sviscerare nel mio articolo dedicato all’evento, sul magazine che dirigo, Riflettori su Magazine, numero di aprile.
Essere all’ultima milanese ieri sera, mi ha fatto ancora una volta capire come mai questo show abbia così tanto successo.
Nell’articolo del mensile, oltre a sottolineare il ruolo da “macchina del tempo” dell’Opera (andate a leggerlo, per saperne di più), ho parlato di alchimia, una sorta di reazione chimica, emotiva e spirituale che trasforma la “nigredo” della vita quotidiana alla purezza dell’oro fino. Un vero rito.
Gli alchimisti del medioevo, bruciati al rogo spesso e volentieri come la bella Esmeralda, facevano, o cercavano di realizzare, proprio questo.
E’ chiaramente la chiave migliore per leggere il teatro, quella catarsi che si attua tra il pubblico e la platea, e che di solito troviamo soprattutto nella prosa.
Notre Dame è tutto questo, nonostante i canti (tanto) e di danzi (altrettanto).
E’ da sempre lo spettacolo giusto nel posto giusto e al momento giusto.
Dopo due anni di pandemia, il ritorno di un evento simile, capace di riempire i teatri e fare aggiungere date (come già successo per altri spettacoli, ma non a questi livelli), è l’apertura al giorno che verrà, alla voglia di “vivere” che non abbandona mai l’essere umano.
Per chi mi chiede perché vedere più volte lo spetto show, dove le canzoni e la trama non cambiano (“Mica come le partite di calcio), rispondo che per definizione il teatro è ogni sera diverso, perché vive nell’hic et nunc, con l’erlebnis dell’artista che sedimenta nell’anima e nel corpo, celato dietro il personaggio.
Il cast in scena ieri sera, era quello del NDP 3.0: il periodo narrato era il 1492, i brani gli stessi, ma gli interpreti, un mix tra primo cast, attori nuovi ed altri che già hanno reso grande lo show, hanno portato sulla scena 7 maschere dietro le quali si celano anni di vita personale vissuta, ma anche la pandemia e l’attuale situazione internazionale.
Se le colonne della cattedrale illuminate di azzurro e giallo sono sempre state sottolineate da questo colore, la bandiera ucraina pareva per un attimo palesarsi sul palco.
I clandestini isolati sono quelli che poi diventano parte integrante della società (“La pietra scartata dal costruttore sarà la pietra angolare” cita la Bibbia), Esmeralda si sacrifica per cambiare la storia (“Come Cristo in croce morirà”), Clopin è la voce comunicante che grida il diritto di libertà, Gringoire è il poeta narratore, Frollo l’umanità della gerarchia che cerca di prendere il sopravvento, ma è sconfitta dall’amore non corrisposto che diventa crudeltà e dal desiderio di potere come In Febo e Fiordaliso, Quasimodo è il diverso che fa paura come i mostri di pietra, ma solo perché non ha l’anima esposta come la pelle: se questi temi erano attuali 20 anni fa, lo sono ancora oggi. Ed anche di più.
Il cast ha portato in scena tutto questo, oltre che la propria storia personale.
Giò Di Tonno, al di là del suo incredibile talento e professionismo, ha aggiunto ad ogni parola quel peso e a volte quello strazio che tutti noi portiamo dentro: si muove con la gobba sul palco con una padronanza dello spazio scenico, come pochi artisti sanno fare; Matteo Setti, che ha riportato Luna alla versione originaria, ci ha regalato qualche piccola variazione che solo la sua voce può modulare, Claudia D’Ottavi, con un timbro di una pulizia incredibile, è stata una donna ancora più matura della sua Fiordaliso di 20 anni fa.
Marco Guerzoni ha rappresentato uno dei ritorni più importanti (in alternanza con l'altrettando grande Leonardo Di Minno): il vero bohemien, che, a poco più di 60 anni, ha ridato vita a un Clopin che diventa il simbolo stesso della rivoluzione dal basso, con una presenza statuaria, un carisma assoluto, una voce graffiata e sporca che però riesce a raggiungere vette altissime ed un’agilità da fare invida a molti ventenni.
Senza dimenticare quelli che amo chiamare i Jolly, con il compito ancora più difficile di dover passare, sera dopo sera, da un ruolo all’altro.
Come Cristian Mini, che avevamo visto spesso come Clopin che ieri sera è stato Frollo, o la new entry Riccardo Maccaferri (già amatissimo Benvolio in Romeo e Giulietta ama e cambia il mondo) come Febo ieri sera, ed altre volte Gringoire, o la quasi trentenne Ilaria Mongiovì, a volte Fiordaliso e ieri Esmeralda, che ha fatto “cadere”, dall’alto della cattedrale, ogni nota sul pubblico cantando Vivere con una passione ed una consapevolezza che non ci si aspetta da una ragazza così giovane.
Non tralasciando il corpo di ballo, quel niente che conta zero, ma che è un unico corpo acrobatico e volatile, sulle tre dimensioni del palco di NDP.
Ma non dimenticherei anche tutti gli altri artisti che sono passati nella cattedrale, che non sono ora nel cast, ma che ne fanno comunque parte e sempre resteranno impigliati tra le guglie.
Ed ovviamente gli artisti che ier non c'erano, come Vittorio Matteucci, Graziano Galatone, Lola Ponce, Tania Tuccinardi.
C’era tutto, nella celebrazione dei 20 anni di Notre Dame de Paris a Milano, anzi, molto di più di quello che c’era e c’è stato.
La consapevolezza e la maturità dello spettacolo, che, ancora una volta, è arrivato al momento giusto.
Credo che non solo il mondo del teatro abbia avuto bisogno di un evento del genere.
Ne hanno avuto bisogno gli artisti in scena ed il pubblico che ha visto…no, anzi, ha vissuto lo spettacolo insieme al cast in questo primo mese a Milano.
La “massa critica”, la corrente elettrica che si è creata tra palco e platea non è solo un mero “messaggio” di pace, unione e rinascita: è qualcosa di più sottile, etereo, che si è sollevata nell’etere e che aleggerà nell’aria di Milano e delle città che ospiteranno lo show.
Notre Dame è qualcosa che svetta, che si distacca, che vola alto.
Qualcosa che resta nell’anima.
Perché i venti di guerra, la pandemia, la disarmonia, la divisione si combatte anche con questo tipo di sinergia, quella dell’arte.
Peccato, per quei pochi che lo hanno perso. Se lo dovessero perdere anche a settembre, si farebbero solo del male. O per lo meno, perderebbero l’occasione di farsi del bene.
SUL MENSILE CHE DIRIGO - RIFLETTORI SU MAGAZINE - DI APRILE, TROVERETE IL MIO SERVIZIO DEDICATO ALLO SPETTACOLO, CON AUDIO INTERVISTE A GIO' DI TONNO, MARCO GUERZONI E CLAUDIA D'OTTAVI.
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GRINGOIRE MATTEO SETTI
QUASIMODO GIO' DI TONNO
ESMERALDA LOLA PONCE
FROLLO VITTORIO MATTEUCCI
FEBO GRAZIANO GALATONE
CLOPIN LEONARDO DI MINNO
FIORDALISO TANIA TUCCINARDI
Scatti dagli applausi finali:
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