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lunedì 13 gennaio 2020

L'Ascensore: recensione e curtain call


Solo qualche anno fa, i più non sapevano cosa fossero: per fortuna, da qualche tempo, stanno arrivando in Italia quelli che vengono chiamati musical off, generalmente off Broadway, ma anche fuori dai grandi circuiti o teatri (ph sopra Franco Emme).

Da Next to normal, passando per Murder Ballad, c’è in tour anche un’altra piccola delizia per la mente e per il cuore, dal titolo L’Ascensore.

Non un off Broadway, ma l’edizione italiana del musical spagnolo pluripremiato scritto e musicato da José Masegosa, con, nella nostra versione, Luca Giacomelli Ferrarini, Elena Mancuso (in alternanza con Clara Maselli, per impegni lavorativi) e Danilo Brugia.

Tre attori più una pianista (e direttrice musicale), Eleonora Beddini, che, sul palco, ma non personaggio dello spettacolo, diventa parte del cast per l’attenzione e l’emozione con cui accompagna tutto lo show.

Tre personaggi che, una volta entrati in scena, non ne escono mai, portando il plot narrativo ed il pubblico al massimo della tensione: si comincia subito con toni alti, una litigata tra Emma, una donna in carriera che sogna un figlio, e suo marito John, brillante medico oncologo tutto d’un pezzo, all’apice della carriera.

Ma sarò davvero così? O l’incontro con il tormentato Mark rimescolerà le carte in tavola (e questo paragone non è a caso?).

Non vi svelerò di più della trama, perché il thriller va vissuto in teatro: scoprirete una storia che viaggia su più piani narrativi, in una New York dai tratti cinematografici, per le luci blu soffuse ed il fumo, ma non certo per lo skyline o per la scena realistica: il palco, per ottima scelta registica e di impianto scenico, è disegnato da pochi tratti metallici e dal gioco di luci, ma anche dai corpi stessi degli attori, che si muovono nei cambi scena e diventano scenografia vivente.

I piani temporali sono sfalsati, passato e presente (e forse futuro) si mescolano come nel migliore King: sta allo spettatore dipanare i fili della storia, facilitato dall’energia continua del musical che non permette di distrarsi nemmeno un secondo.



Grande merito, oltre al testo e alla regia (di Matteo Borghi), va alla partitura musicale davvero accattivante: probabilmente, la traduzione dallo spagnolo all’italiano è più facile che dalle lingue anglosassoni.

Non dimentichiamo il grandissimo lavoro dei tre attori protagonisti.

Credo che l’amalgama delle voci, delle diverse fisicità e delle interpretazioni sia stata una delle scelte vincenti.

Per cavalleria, iniziamo da Emma, una donna in apparenza forte (ma già all’inizio si coglie che è stata instradata al lavoro dal padre), ma frustrata, insicura e quindi aggressiva, innamorata del marito, ma anche tanto sola: Elena Mancuso è perfetta sia fisicamente che vocalmente per il ruolo, convince e vince, accanto a un marito, John, interpretato da un centratissimo Danilo Brugia, visivamente forte, ma fragile e sgretolato dal vizio del gioco, fino alla follia che questo comporta.

Brugia riconferma anche le sue doti vocali e la sua duttilità attoriale: maturato ed ancora più di spessore, grazie alle sue esperienza trasversali.

Come non sbaglia un colpo anche Luca Giacomelli Ferarrini, in un ruolo tormentato e cupo, come già è successo in vari suoi personaggi, da Mercutio al figlio "caché" in Next To Normal, ma totalmente più leggero in altri come nel recente e delizioso Sweeney Todd: Luca è un attore straordinario, con un’estensione vocale incredibile ed un grandissimo appeal sulla scena.

Uno dei migliori attor giovani del panorama del teatro musicale italiano, che passa dal musical puro, agli off fino alle opere popolari. Teniamocelo stretto, non facciamolo fuggire all’estero.

Un finale con il botto, anticipato a tre quarti del secondo atto, per una chiusura che lascia interrogativi nel pubblico, ma una grande certezza: quella di avere vissuto per poco più di un’ora una storia che ha saputo strapparlo dalla vita quotidiana per immergerlo nel “totalmente altro” che solo il Teatro di qualità sa dare.

Prova ne è che non ho visto uno schermo di cellulare illuminato in platea.
Chiudetevi in Ascensore anche voi: non soffrirete di claustrofobia, ma anzi, aprirete la mente.

Info e prossime date qui

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